Intervista esclusiva all’attrice “guerriera” Noemi Gherrero
La bellissima bionda Noemi Gherrero, attrice, modella e conduttrice, classe 1988, con lo sguardo di chi non si fa prendere in giro ma allo stesso tempo non si prende troppo sul serio, è una delle attrici del cinema italiano arrivata al successo. Laureata in Relazioni Internazionali e Diplomatiche all’Università L’Orientale di Napoli. La sua passione di attrice si è formata alla Scuola d’Arte Cinematografica di Roma e dopo la sua formazione non si è più fermata prendendo parte a parecchie pellicole cinematografiche come “Vecchie Canaglie”, “I bastardi di Pizzofalcone”, “Non dirlo al mio capo”, “Mare fuori” e tante altre. Co-conduttrice nelle trasmissioni televisive sportive “In Azzurro”, “Tifosi”, “Si gonfia la rete” con Raffaele Auriemma. Non solo cinema ma anche concorsi di bellezza come l’elezione di Miss Regina d’Europa nel 2011 e di Miss Mediterraneo nel 2013. Nel 2020 è ideatrice ed interprete del concept e della mostra fotografica “Scomposizioni e fughe nell’anima: arte pandemica”. Ha condotto per due anni anche il format culturale de Le parole per dirlo, un appassionante viaggio nella lingua italiana per raccontare il nostro modo di parlare nei suoi aspetti più vitali e concreti su Rai 3. Attualmente sarà impegnata con il monologo dal titolo “Mi chiamo N.”, scritto e diretto da Massimo Piccolo e con le musiche originali di Eunice Petito che debutterà sabato 25 febbraio 2023, alle ore 21.00, al Teatro Bolivar. L’abbiamo incontrata per parlare del suo mestiere di attrice e della sua dimensione privata che poi non è molto lontana dal mondo del cinema.
Leggi la nostra intervista esclusiva a Noemi Gherrero!
Ciao Noemi Gherrero, benvenuta su Retenews24. Conoscendo la tua biografia sembri appartenere a un’eroina rivoluzionaria che ama sempre le sfide. Forse non è un caso che non hai mai perso di vista le battaglie e le lotte che in primis hai dovuto combattere. Come attrice combattente sei tornata in scena più esuberante e grintosa che mai con lo spettacolo “Mi Chiamo N.” partendo proprio da alcune esperienze della tua vita. Di cosa racconta? E come ripensi al tuo passato?
Beh intanto grazie per avermi definita “rivoluzionaria”. Ho sempre pensato che le nostre azioni possano essere sempre rivoluzionarie anche se nel silenzio e anche se molto spesso ci vuole molto tempo. Si, c’è molto di me in questo testo ma c’è anche il racconto di quello che vedo, di quello che vivo, quando mi incontro con gli altri, in particolar modo con le donne. Io sono cresciuta molto presto sotto certi punti di vista, invece sotto altri probabilmente ho mantenuto aree di grande ingenuità e altre aree che ho scoperto tardi. È tra le pieghe di queste cose che si inserisce la grande Nina Simone. Una donna così forte, grintosa, un vero vulcano…che riempiva i teatri e smuoveva gli animi raccontando la cruda realtà… Accomunata alla Simone dalla passione artistica, ma anche dalla condanna a un’origine e un luogo cui non sente di appartenere. Eppure così fragile, così scissa, lacerata, da quella stessa forza. E lo spettacolo parla proprio di questo, raccontando poi quello che è la donna oggi. Ma io non penso quasi mai al passato, il passato ci forma e ci accompagna ma io sono una propositiva, il passato non mi basta.
Hai deciso di raccontare la tua storia di rinascita perchè in molti pensano che sia davvero una donna davvero speciale: un’energia, una grinta, una gioia di vivere e di condividere straordinarie oltre ad un talento incredibile per il cinema portata a calcare i palcoscenici di molte città e paesi nel mondo. Quale è il segreto che di essere sempre te stessa e fare ciò che ti fa sentire viva?
Riassumerei il tutto nella voglia di dare e di darti. Non so cosa significa essere “sempre te stessi”. Se questo significa essere sempre uguali, coerenti all’immagine che vogliamo darci o che gli altri ci hanno attribuito, beh… non credo allora di rispondere sempre al modello. Tutt’altro. Secondo me siamo più liberi quando mettiamo a nudo le nostre incertezze, mostriamo senza timore le nostre incoerenze. Sentirsi vivi anche quando stiamo male e dobbiamo affrontare il dolore, la rabbia. Se non affrontiamo le nostre emozioni non saremo mai sinceri e non saremo mai vivi. Questa è la mia opinione a tal riguardo.
Sei stata sempre una donna forte e grintosa che ami le sfide uscendo dalla cosiddetta “comfort zone” come se non provassi paura e senza sfide ti annoieresti?
Io in questi anni ho fatto un lavoro per uscire dalla “comfort zone” perchè credo che ognuno di noi abbiamo le nostre insicurezze, soprattutto in età giovanile, e intanto risulta piatta la carriera artistica se non ci sono sfide. La sfida è necessaria nel momento in cui uno ha voglia di crescere, una forza interiore che scatta dentro e non a tutti scatta, a qualcuno non scatterà mai. Credo fortemente che quella fame di vita che tutti noi possiamo conoscere se ci mettiamo in gioco.
Hai rivelato che il film “Vecchie Canaglie” diretto da Chiara Sani lo consideri l’esordio della tua carriera cinematografica, un tuo vero orgoglio personale. Perchè ti sei sentita così appagata e felice?
Il film “Vecchie canaglie” con la regia di Chiara Sani è stato significativo perchè per la prima volta ho interpretato un ruolo secondario di tutto livello in un film, in maniera rilevante, e lo segnalo come film d’esordio perchè sebben abbiamo recitato altri ruoli intensi in altrettante pellicole che però non hanno avuto una buona distribuzione o non sono mai usciti nelle sale cinematografiche e poi ho scoperto lati inediti di me con il personaggio Martina che ho interpretato.
Ti sei mai sentita in crisi e sul punto di mollare il tuo lavoro per delusione, stanchezza o scoraggiamento?
Molto spesso mi sono sentita scoraggiata ma ho sempre avuto la visione che il mestiere di attrice davvero si addice a me e solo in un momento della pandemia in cui avevo messo in discussione questa mia passione per poi avere il 2020 è stato uno degli anni migliori della mia vita nonostante la situazione drammatica che tutti noi stavamo vivendo e questo ci fa capire come le cose arrivino all’improvviso quando meno te la aspetti. Una sorta di collisione con le proprie certezze.
Tra i tuoi progetti futuri c’è anche la regia?
In realtà hai avuto un’intenzione geniale avuta già con la mostra fotografica sul Covid-19 intitolata “Scomposizioni e fughe nell’anima: arte pandemica”, un progetto diretto e lungimirante, dove ho svolto il ruolo di autrice ed interprete di testi. Quindi ho svolto il ruolo di regista ma ci sono due progetti in arrivo che poi vi svelerò…
Qual è il tuo motto personale o il tuo mantra?
Non ho nè un motto nè un mantra perchè non mi piace mettermi in bocca parole altrui ma cerco sempre di cercare ispirazione e arricchire le mie parole. Una frase a cui sono molto affezionata è quella di Whitman “Concedersi il lusso delle proprie molteplicità e moltitudini”. In questa società che ci chiede di essere sempre un’unica cosa o modello da seguire quando ognuno di noi dovremmo uscire con diverse aree sferiche.
Grazie a Noemi Gherrero per averci concesso l’intervista e gli auguriamo un meritatissimo successo che si elevi sempre più in alto.
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