Celeste, il volto perduto della dignità umana
“Celeste”: così è intitolato lo spettacolo scritto e ideato scritto e diretto da Fabio Pisano, con Francesca Borriero, Roberto Ingenito, Claudio Boschi. Nel bel mezzo di una scenografia completamente inondata dal nero al Teatro Piccolo Bellini recentemente è andato in scena lo spettacolo di Liberaimago che è il racconto di Celeste di Porto, una ragazza spregiudicata, detta “la Pantera nera”, che pur essendo un’ebrea del ghetto romano fu una delatrice del servizio della Gestapo e della polizia fascista durante l’occupazione romana. Si è offerto al pubblico un soliloquio profondo ed incalzante, che perdura sia nello spazio che nel tempo, e per circa un’ora e mezza attraverso vari atti abbiamo avuto molte notizie del tempo nazista. E’ in questo senso che si configura la vicenda della Celeste Di Porto che dopo il rastrellamento del ghetto romano da parte dei tedeschi SS, guidati da Kappler, decide di diventare una loro collaboratrice per sottostare ad una crudele legge di sopravvivenza. Per lei era importante guadagnare cinquemila lire per ogni persona e senza differenza neanche se a finire nelle mani delle camicie nere fossero bambini. Attraverso questa frase i fratelli la rinnegarono “Sono Anticoli Lazzaro, detto Bucefalo, pugilatore. Si non arivedo la famija mi è colpa di quella venduta da Celeste di Porto. Rivendicatemi”. Solo la madre continuò a volerle bene. In Celeste vengono infatti affrontate tematiche che superano la semplice idea di narrazione della vicenda e della politica antisemita.