Tutto quello che sappiamo sulle tre varianti e sui vaccini

Dalle nozioni scientifiche si sapesse che come ogni altro virus a RNA anche SARS-CoV-2 mutasse non è una novità dei giorni nostri, anche se dotato di un meccanismo di proofreading (correzione degli errori) che lo rende più conservativo di altri virus, finora ha subito migliaia di mutazioni. Infatti, il Consorzio britannico ha messo in campo il maggiore impegno a livello mondiale nel sequenziamento del genoma virale del Coronavirus, ad oggi risultano circa 4.000 solo quelle che riguardano la proteina spike. I dati del genoma del virus sono combinati con i dati clinici ed epidemiologici per un aiuto della salute pubblica inglese.


Se noi immaginiamo che l’RNA del di SARS-CoV-2 è composto da poco meno di 30 mila nucleotidi e che solo poche basi azotate conservano nel tempo la loro posizione stabile. Si è già visto che la variante D614G ( la sostituzione dell’amminoacido aspartato da parte della glicina (G) alla 614a posizione della sequenza genetica) codificante per la proteina spike nel giro di pochi mesi ha spazzato via il ceppo del virus influenzale.


Da subito numerosi team di ricerca hanno lavorato, e stanno continuando ancora a farlo, sul modo in cui le diverse mutazioni potevano alterare le risposte ai vaccini. Ma fortunatamente tale mutazione ha una scarsa diffusione nell’uomo. Il problema si è riaccesso con l’arrivo in Europa di altre due varianti, definite 20A.EU1 e 20A.EU2, che sono diffuse dapprima in Spagna durante l’estate e poi in altre aree del continente europeo. La variante 20A.EU1 presenta il ceppo virale iniziale (root clade) che subisce delle differenti sostituzioni degli amminoacidi a differenti posizioni: C22227T, C28932T, and G29645T.


Invece la variante 20A.EU2 presenta il ceppo virale iniziale (root clade) che subisce delle differenti sostituzioni degli amminoacidi a differenti posizioni: C4343T, G5629T, G22992A.
Attualmente a preoccupare, dopo il numero crescente di contagi nel sud-est dell’Inghilterra e a Londra, è il ceppo B.1.1.7 identificato nei lignacci in Gran Bretagna, Sud Africa e Brasile. Tale ceppo è associato alla mutazione N501Y, che si ripercuote sulle caratteristiche della proteina “spike” non permettendo al virus di aderire alle cellule umane e infettarle. Questa variante brasiliana sembra diffondersi velocemente sostituendo gli altri ceppi e interessando parti importanti del virus. Sembrerebbe conferire al virus una maggiore affinità con il recettore Ace 2, quello usato per entrare nello nostre cellule. In realtà le varianti brasiliane sembrano essere due. Infatti, l’altra mutazione è la P681H, è vicina al sito in cui agisce una proteasi, la furina, che di solito facilita l’ingresso del virus all’interno della nostre cellule. A quanto pare favorisce l’azione della furina e a causa della delezione, la 69-70, ci sarebbe un tentativo della proteina Spike di nascondersi dal sistema immunitario.


A metà novembre grazie all’attività si sequenziamento è stata identificata anche la variante sudafricana che manifesta anch’essa la mutazione N510Y ma anche un’altra alterazione, denominata E484K ( sostituzione dell’acido glutammico con la lisina), che riguarda il dominio di legame del recettore. Inoltre, l’analisi strutturale ha rivelato che un nuovo sito per ACE2 l’associazione (amminoacido 75) è generato a causa della mutazione di E484K, che crea un’interazione significativamente più forte fra ACE2 e la sede del legame indigena situata RBD e ACE2 all’interfaccia (amminoacido 501). Poi nel mese di dicembre un’ondata di infezioni a Manaus, capitale dello stato di Amazonas, ha portato al sospetto che potesse essere in circolazione un nuovo ceppo di SARS-CoV-2 ossia il nuovo lignaggio virale che hanno chiamato P.1, dove intervengono tre mutazioni chiave nella proteina spike del virus, presenti anche nel ceppo sudafricano, tra cui E484K e N501Y, anche se quest’ultima più insidiosa perché ha accumulato stavolta un maggior numero di alterazioni nella proteina Spike, impedendone il riconoscimento da parte degli anticorpi.


Sembra che sarà necessario aggiornare i vaccini anti-Covid poichè la variante inglese, sudafricana e brasiliana presentano diverse somiglianze anche se sono apparse in differenti momenti tra loro. Scienziati, funzionari di sanità pubblica e produttori di vaccini stanno discutendo sulla questione cercando di individuare i cambiamenti genetici che potrebbero influire sull’efficacia dei vaccini anche se ciò costituisce un’operazione molto difficile da operare. Una possibilità di aggiornamento dei vaccini è quella di sostituire nei vaccini le vecchie versioni della proteina Spike, cioè la prima sequenza genetica identificata a Wuhan, con una molecola aggiornata, che porti gli specifici cambiamenti amminoacidici che siano in grado di ostacolare la risposta anticorpale. oppure un’altra possibilità è quella di includere in una stessa formulazione sia la vecchia che la nuova forma della proteina spike per creare un vaccino multivalente. La cosa più importante è che occorrerebbe una vaccinazione di massa nel più breve tempo possibile in modo tale che altre varianti possano diffondersi rapidamente.